Il Ministero della Salute si adegui almeno alle regole che ha emanato

La Confederazione interviene sulla richiesta di chiarimento al Ministero da parte degli ordini professionali.


La scrivente Confederazione Legale per i Diritti dell’Uomo, presa visione della nota in oggetto, ritiene opportuno intervenire presso codesto Ministero per contribuire alla corretta esegesi della normativa sottesa.

Come noto, questa associazione ritiene costituzionalmente illegittimo l’obbligo vaccinale posto dagli artt. 4 e segg., D.L. 44/2021; a fortiori, chi scrive ritiene altresì che la profilassi farmacologica non debba essere proposta, e tantomeno imposta, a chi ha contratto la malattia ed ha così acquisito la protezione naturale.

Sul punto, va ricordato che la legge 7 giugno 2017 n. 119 (Legge Lorenzin) prevede l’esonero dalla vaccinazione per i soggetti naturalmente immunizzati; parimenti, l’art. 279, comma 2, lett. a), D.Lgs. 81/2008 prevede, a carico del datore di lavoro, la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione.

Ciò premesso in linea di principio, sul piano pratico applicativo di una normativa già di per sé vessatoria per i soggetti obbligati, occorre quantomeno assicurarne una interpretazione che non valichi i limiti della ragionevolezza.

Sotto tale profilo, occorre sottolineare che il T.A.R. della Lombardia, con le pronunce cautelari indicate nella Nota in oggetto, si è limitato a riscontrare un’ovvietà, ossia che “le indicazioni relative al termine per la vaccinazione dei soggetti con pregressa infezione da SARS- CoV-2, contenute nella circolare ministeriale utilizzata dall’Ordine professionale, sono state aggiornate dalla successiva circolare ministeriale n. 32884 del 21 luglio 2021,con la quale detto termine è stato fissato <<preferibilmente entro i 6 mesi>> dalla pregressa infezione <<e comunque non oltre 12 mesi dalla guarigione>>.

Ed è stato altresì precisato che “sul punto non pare dirimente la nota dell’Ufficio di Gabinetto del Ministero della Salute del 29 marzo 2022, la quale, al fine di rendere chiarezza sulla disciplina applicabile al personale sanitario in caso di intervenuta guarigione dall’infezione da SARS-CoV-2, si limita a rinviare alla disciplina contenuta nella circolare ministeriale n. 8284del 3 marzo 2021 senza spiegare le ragioni per cui non è applicabile la successiva circolare ministeriale n. 32884 del 21 luglio 2021” (cfr. TAR Lombardia, Milano, Reg. ric. n. 00776/2022)

Si tratta, come detto, di un dato ovvio, poiché letterale, la rubrica della circolare del 21/7/’21 così recitando: “Aggiornamento indicazioni sulla Vaccinazione dei soggetti che hanno avuto un’infezione da SARS-CoV-2.

Le pronunce in commento rappresentano, dunque, l’emergere di un elementare buon senso, in un contesto normativo che con eufemismo può definirsi approssimativo.

Peraltro, se tale impostazione venisse recepita in riferimento alla posizione dei guariti non vaccinati, a fortiori dovrà essere riconsiderata, dalle Federazioni e da codesto Ministero, anche l’indicazione del termine di 120 giorni per la nuova vaccinazione di chi ha contratto la CoViD- 19 dopo il ciclo vaccinale primario.

A tale riguardo, questa Associazione ritiene che la protezione offerta dalla guarigione – a tutto voler concedere – non possa essere ritenuta minusvalente rispetto all’assunzione della c.d. dose “booster”, con conseguente inesigibilità di ulteriori inoculazioni.

Certamente non potrà pretendersi, in ogni caso, che il sanitario in tale condizione effettui detta ulteriore profilassi in un termine più breve rispetto al “guarito” mai inoculato.


Quanto sopra rappresenterebbe peraltro, come detto, un mero esercizio minimale di buon

senso nella ricognizione di quanto ad oggi emerso in giurisprudenza, laddove, volendo formulare una più puntuale esegesi del quadro normativo in essere, occorre chiedersi (in disparte ogni considerazione sul valore giuridico esterno di mere circolari ministeriali) come mai codesto Ministero abbia all’epoca ritenuto di aggiornare la circolare del 3/3/2021.

La ragione va rinvenuta nel parere fornito al riguardo dal CTS nel verbale n. 35, redatto all’esito della riunione tenuta presso il dipartimento della Protezione Civile il giorno 16/7/2021, ove si legge (a pag. 6):
...il CTS esamina la questione del numero di dosi di vaccino a doppia dose da somministrare ai soggetti che abbiano in passato contratto l’infezione da Sars Cov2. Sul punto il comitato – pur in assenza di studi sufficientemente solidi sull’argomento – concorda che esistano le condizioni e un razionale immunologico per la somministrazione di una sola dose booster sino ad un anno dall’avvenuta guarigione. Oltre questo intervallo temporale, seguendo un principio di massima cautela, pur non potendosi escludere che una sola dose booster potrebbe essere sufficiente, si suggerisce la somministrazione di due dosi al fine di ottimizzare il persistere della memorai immunologica”.

Appare pertanto evidente come, nella decisione delle tempistiche alla quali somministrare la dose di vaccino dopo la guarigione, debbano avere prevalenza le indicazioni del CTS (tradotte nella circolare del 21/7/2021 n. 32884 e ribadite in quella del 6/12/2021 n. 56052) rispetto a quelle date dalla recente nota del Ministero.

Peraltro, il CTS fa riferimento alla somministrazione di una dose booster sino a un anno dall’avvenuta guarigione senza il minimo accenno a un termine più breve come quello di sei mesi poi indicato come preferenziale nella circolare del 21/7/2021.

Va quindi ricordato che l’art. 4, comma 5, D.L. 44, come modificato dall’art 8 del DL 24/2022, prevede che “in caso di intervenuta guarigione l’Ordine professionale territorialmente competente, su istanza dell’interessato, dispone la cessazione temporanea della sospensione, sino alla scadenza del termine in cui la vaccinazione è differita in base alle indicazioni contenute nelle circolari del Ministero della salute...

Cosa si deve intendere con tale locuzione?

Nella circolare in parola sono indicati due termini: il primo stabilisce il termine a partire dal quale il soggetto guarito può sottoporsi all’unica dose di vaccino necessaria per il completamento del ciclo primario, il secondo è il termine finale, decorso il quale è necessario sottoporsi alla somministrazione di due dosi.

Appare dunque chiaro che la “scadenza del termine”, cui fa riferimento la norma di legge, va identificata necessariamente nel limite massimo dell’intervallo, ossia 12 mesi, unica conclusione corretta anche sul piano semantico.

Vi è di più.

La ben nota sentenza del Consiglio di Stato, n. 7045 del 20/10/2021, al punto 39.9, ha rilevato, in merito all’obiezione relativa alla mancata considerazione, da parte della legge, dell’immunità da guarigione:
Ne segue che la censura, seguendo tale interpretazione, costituzionalmente orientata, dell’art. 4, che consente una ragionevole applicazione dell’obbligo vaccinale anche in ipotesi di immunità naturale, debba essere respinta, in quanto la relativa questione si configura, a questa stregua, come manifestamente infondata, tenendo anche presente il dato, non secondario, che lo stesso Ministero della Salute, con l’aggiornamento della circolare del 21 luglio 2021, ha previsto che «è possibile considerare la somministrazione di un’unica dose di vaccino anti SarsCoV-2/COVID- 19 nei soggetti con pregressa infezione da Sars-CoV-2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica), purché la vaccinazione venga eseguita preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa e comunque non oltre 12 mesi dalla guarigione»”.

Perciò, non soltanto i T.A.R. della Lombardia, ma lo stesso supremo Organo di Giustizia amministrativa, che ha purtroppo ritenuto legittima la vaccinazione obbligatoria pure per i soggetti guariti, ha riconosciuto a questi ultimi la possibilità di eseguire la vaccinazione nei termini di cui alla circolare aggiornata, escludendo ogni riferimento alla superata circolare del 3 marzo 2021 indicante termini più brevi.

Né il Consiglio di Stato ha inteso fare richiamo ad una tempistica rigidamente incardinata sul termine minimo di tale intervallo, ma – al fine di contemperare la ritenuta legittimità dell’obbligo vaccinale con l’esigenza concreta di tutela della salute individuale dei soggetti obbligati – si è invece espressamente riferito all’intero arco temporale individuato dalla circolare, nel cui ambito eseguire la profilassi.


Ebbene, di tanto il Ministero e gli Ordini federati vorranno avere considerazione, certi

dell’impegno che gli avvocati di Confederazione Legale vieppiù profonderanno nel tutelare, anche in via risarcitoria, i sanitari assistiti, in particolare laddove venissero ignorate anche le indicazioni, di minimale buon senso, ad oggi emerse dalla giurisprudenza amministrativa.

Tanto si doveva. Distinti Saluti.

IL PRESIDENTE Confederazione Legale
Avv. Renate HOLZEISEN


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